lunedì 17 novembre 2014

silenzio

Le persone hanno bisogno di essere ascoltate, 
soprattutto quando rimangono in silenzio.



Monumento ai migranti. stazione di Verres (AO)

sabato 15 novembre 2014

La depressione invernale


 "Sin dall'infanzia ricordo che i primi giorni di Novembre mi mettevano tristezza. E non era solo per la commemorazione dei defunti – da piccolo me ne sfuggiva il vero significato – era proprio il periodo: le prime nebbie, il freddo, l’umidità.
Anche ora che sono adulto provo le stesse sensazioni negative nella brutta stagione. E con l’andare delle settimane la situazione peggiora, i colori caldi dell’autunno torinese, lasciano il posto al grigiore della pioggia e della nebbia e poi al bianco accecante della neve… mi sembra di vivere in un incubo che incomincia a diradarsi solo nelle prime giornate di sole a primavera."
Sergio, 48 anni, tecnico informatico.

Meteoropatia (dal greco meteora, fenomeni celesti, e pathos, sentimento, dolore, sofferenza) è  un insieme di disturbi psichici e fisici, che si verificano quando vi sono determinate condizioni metereologiche quali l’umidità, la bassa temperatura, la nebbia, la pioggia
E’ scientificamente provato che ci siano correlazioni significative e misurabili tra particolari eventi atmosferici e l'insorgenza di malattie organiche, ma anche che il solo peggioramento del clima a lungo andare determini un’influenza negativa sull’umore e sul benessere psicologico delle persone predisposte. L'aumento del  numero di ore di sole all’interno di una giornata, ad esempio, riduce in modo significativo il livello di depressione e ansia misurati con le più diffuse scale di personalità e aumenta al contrario il punteggio relativo all’ottimismo e all’efficienza cognitiva.
La metereopatia quindi è riconosciuta a livello medico e psicologico come una vera e propria malattia senza chiare motivazioni all'origine del disturbo.  Tuttavia, una delle ipotesi più accreditate, è che l'arrivo delle perturbazioni atmosferiche, soprattutto del freddo, stimoli nell'ipofisi una maggiore produzione di ACHT (l’ ”ormone dello stress”), con un aumento degli stati ansiosi e contemporaneo calo di produzione delle endorfine (sostanze naturali che inducono benessere).
E’ esperienza comune l’aumento del malumore durante le giornate uggiose e fredde e una maggiore predisposizione alla positività e alla serenità nelle belle giornate di sole. Per la maggior parte delle persone si tratta però solo di tendenze, di predisposizioni passeggere. C’è chi invece è particolarmente influenzato dai fenomeni climatici, tanto da sentire in modo particolare dell’abbassamento delle temperature e l’accorciamento delle gornate durante i mesi autunnali e poi  invernali.
Alcune persone tendono  a soffrire di un caso particolare di metereopatia , definita anche “depressione invernale” perché collegata con il numero minore di ore di luce presenti nella brutta stagione.  
Questo tipo di patologia è particolarmente  presente nei Paesi del Nord, a causa di un'anomala produzione di melatonina e di altri neurotrasmettitori, quali la serotonina, noradrenalina e dopamina.
La serotonina in particolare ha effetti rilassanti , ma anche depressivi e la sua azione viene potenziata quando è buio.
Le persone che tendono maggiormente a soffrire di metereopatia sono solitamente persone stressate, stanche e ansiose, è quindi consigliabile contenere lo stress ed imparare a gestirlo con tecniche yoga, di rilassamento e di meditazione. Giovano molto anche lunghe passeggiate all’aria aperta e alla luce solare per riattivare la endorfine, aumentando così il benessere psico-fisico dell’organismo.
E' innegabile inoltre che la più importante fonte di sollievo e di benessere è l’altro tipo di calore di cui abbiamo bisogno, il “calore umano”: l’amicizia, l’amore, il sostegno delle persone care.
E’ importante non farlo mancare quando sopraggiungono i  momenti  di tristezza e l’umore nero. Chi ha un familiare, un amico o un compagno particolarmente sensibile a cambiamenti delle stagioni deve quindi  mostrarsi tollerante verso questi periodici cambiamenti d’umore e moltiplicare i gesti d’affetto e di vicinanza, per contrastare i difficili momenti di solitudine e di tristezza che la persona sta vivendo.

domenica 9 novembre 2014


L' empatia in psicologia è la capacità di porsi in maniera intuitiva nello stato d'animo o nella situazione di un'altra persona.
Empatia significa sentire dentro ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana ed animale. 
Si tratta di un forte legame interpersonale e di un potente mezzo di cambiamento.
L’empatia costituisce un modo di comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di percepire la realtà per cercare di far risaltare in sé stesso le esperienze e le percezioni dell'interlocutore.È una forma molto profonda di comprensione dell'altro perché si tratta d'immedesimazione negli altrui sentimenti.
Ci si sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna (di come l'altro appare all'immaginazione) al come invece si sente interiormente (in quei panni, con quell'esperienza di vita, con quelle origini, cercando di guardare attraverso i suoi occhi).


Sei una persona empatica?
Fai il test:
http://www.psicologi-psicoterapeuti.it/test/empatia/





"Le donne e i gatti fanno quello che vogliono e gli uomini dovrebbero rilassarsi ed abituarsi all'idea"

R. A. Heinlein

mercoledì 5 novembre 2014

La sofferenza in adolescenza: diamoci un taglio!!




Quando Giulia ha visto quei segni sulle braccia di Carlotta, non riusciva a crederci… e ancora adesso un misto di incredulità e di vergogna le impedisce di parlarne serenamente, le viene subito da piangere. Com’è potuto accadere? Come può non essersene accorta prima? Proprio la sua Carlotta uscita da poco da un infanzia felice, studentessa modello prima alle medie e ora al primo anno di liceo classico!  Quei segni rossi sul corpo della figlia sembra che le urlino una rabbia che non capisce, una tristezza che non ha nessun senso per lei. Carlotta è sempre stata una ragazzina serena, piena di vita, senza pensieri. Certo, nell’ultimo anno, aveva notato a volte un velo di tristezza nei suoi occhi, un che di serietà… ma aveva attribuito tutto ai tanti pensieri, al troppo studio che la nuova scuola richiedeva. Si rendeva conto che Carlotta era molto cresciuta negli ultimi due anni, che non era più la bambina obbediente e spensierata di qualche anno fa, ora era un adolescente:il suo look era cambiato e gli abiti scuri avevano sostituito le solite sfumature di rosa, il linguaggio era più sguaiato, a volte aggressivo, ma nulla l’aveva preparata a quello che aveva visto, a quei segni terribili che la ragazza si era procurata da sola…
Eppure sul momento aveva mantenuto la calma, aveva cercato di capire, l’aveva sgridata, l’aveva abbracciata e poi ancora rimproverata.... Ma da allora il dialogo era bloccato, come se si fosse creato un muro tra loro, le incomprensioni continuano a crescere e quei segni continuano a moltiplicarsi.
Solo quando aveva trovato il coraggio di parlarne finalmente con il padre di Carlotta, da anni separato da lei e residente all’estero, si è resa conto della necessità di chiedere un aiuto specialistico e si era decisa a rivolgersi ad una psicoterapeuta. 
Convincere Carlotta a farsi aiutare non è stato facile, ma ora che il “segreto” non è più tale è stato possibile riprendere un dialogo, (se pure faticoso come può essere quello tra madre e figlia adolescente) e  ci si sente meno soli, meno impotenti.


Adolescenti che si tagliano con coltellini, forbici, pezzi di vetro. Il sangue sgorga, sembra che la tensione si allenti e ci si possa rilassare un po’. Il fenomeno del cuttingsi sta diffondendo anche in Italia, soprattutto tra le ragazze tra i 13 e i 16 anni.  
I numeri sono già allarmanti, si parla di circa 200.000 adolescenti, 
soprattutto ragazze. Il fenomeno sembra contagioso e si sta diffondendo con gran rapidità. Si tratta di un momento critico legato all'adolescenza e scomparirà col tempo? E’ un comportamento preoccupante che rischia di cronicizzarsi? E’ una manifestazione di squilibrio mentale?
Sono molte le domande che si pongono i genitori quando si accorgono di questi atti di autolesionismo ed è importante riuscire a non drammatizzare, né sottovalutare questo gesto estremo, che spesso costituisce una forma di comunicazione, un grido di aiuto. Una richiesta d’aiuto che però raramente viene rivolta direttamente all’adulto, di solito viene comunicato in gran segreto al miglior amico o al contrario esibito senza pudore con foto e video postate sui social.
Spesso il segreto in famiglia è custodito accuratamente con pantaloni e maniche lunghe anche in estate, la rinuncia a partecipare a situazioni in cui è necessario denudarsi, anche parzialmente, l’abbandono di attività sportive, il rifiuto di sottoporsi a visite ed esami medici,… Quando però finalmente, in modo del tutto casuale, questo problema viene scoperto, è importante raccogliere questa rivelazione come una comunicazione estrema di disagio. Un disagio che spesso è legato all’adolescenza, alla grande virulenza dei sentimenti,  alla sensibilità portata all'estremo, alla vulnerabilità e persino all’inaffrontabile sentimento di noia che sono caratteristici dell’età. 
Solo in pochi casi è veramente segno di un disagio mentale grave e può essere legato a traumi psicologici gravi (bulling, violenze, abusi), a patologie dell’umore (depressioni), a disturbi alimentari o a disturbi della personalità.
La scoperta di questo comportamento deve dunque essere un’occasione per aprire un dialogo empatico con l’adolescente, per offrirgli sostegno e disponibilità allascolto, pur nella consapevolezza dell’estrema difficoltà che a quell’età si incontra nell’essere consapevoli e nel comunicare le fonti del proprio disagio, le cause della sofferenza.
In molti casi può essere d’aiuto il consultare uno specialista, cercare aiuto presso uno psicoterapeuta specializzato in problematiche adolescenziali, che possa, attraverso una consultazione ed un percorso di breve o media durata, aiutare l’adolescente a trovare altri canali per comunicare e alleviare il proprio dolore mentale. Compito del terapeuta sarà anche quello di sostegno alla famiglia perché possa comprendere ciò che sta accadendo e essere d’aiuto all’adolescente.


Le madonne fuori dai quadri: rapporti difficili tra suocere e nuore.





Marta ha 35 anni, una bimba di 24 mesi e un rapporto che tutti invidiano col compagno, Luca. Nonostante siano al quinto anno di convivenza sono ancora  innamoratissimi e tra loro c'è una complicità che non sfugge agli occhi degli altri. Quello che nessuno sa però è che da qualche tempo le cose tra Marta e Luca non vanno più bene come prima; tra loro si è persino parlato di separazione o almeno di un periodo di ripensamento. La verità è che le cose andrebbero ancora bene come il primo giorno se non ci fosse di mezzo la mamma di Luca, Marina, che, essendo rimasta vedova da giovane, ha cresciuto Luca e le sue tre sorelle minori praticamente da sola ed è legatissima al suo primogenito. 
" Inizialmente le cose tra me e Marina andavano molto bene - mi comunica Marta durante la prima consultazione - con lei andavo persino più d'accordo che con mia madre. Mi sentivo davvero ascoltata, capita;  per me aveva sempre parole di sostegno e buoni consigli,  anche su come comportarmi con Luca. Era praticamente diventata la mia migliore amica".
Tutto però sembra essere cambiato alla nascita della bambina. 
"Marina era ancora generosa di consigli, però ero io ad essere spesso insofferente. Mi pareva che per lei fossi una buona a nulla, che non ne facessi una giusta. Per carità... le sue parole erano sempre gentili e premurose, ma mi faceva sentire come un'incapace, come se stessi sbagliando tutto. E Luca, da parte sua, rincarava la dose, tessendo le lodi di sua madre e tenendo sempre le sue parti quando tra noi incominciavano ad esserci delle divergenze.... "



C’è un vecchio proverbio piemontese che recita:
 Le madòne a stan bin mach ant ij quader.

Il detto, che alla lettera significa “le madonne/le suocere stanno bene solo nei quadri”, gioca sul doppio senso del termine “madòna” che in piemontese indica sia la Madre di Gesù che la suocera (mare madòna).


Che i rapporti tra suocera e nuora siano da sempre piuttosto difficili non è solo un luogo comune, ma anche un’esperienza molto diffusa. 

La relazione con madre “acquisita” dopo il matrimonio o la convivenza con il proprio partner, presenta alcune caratteristiche che la rendono molto peculiare:

 - è spesso una persona che appartiene ad una generazione diversa dalla propria, i cui valori di riferimento non sempre sono affini;
  -  è una figura di rilievo per il proprio partner, in grado spesso di influenzare le sue scelte e le sue decisioni;
  -    pur non avendola scelta tra le amicizie ci si trova a doversi incontrare di frequente, a condividere feste e momenti di vita familiare importanti.


Ci sono poi alcune eventualità che possono ulteriormente complicare i rapporti:
  -  quando il legame tra madre e figlio è particolarmente forte ed esclusivo;
  - quando la scelta della partner fatta dal figlio non è condivisa;
  -   quando c’è grande differenza e divergenza nella personalità, nei valori, nello stile di vita;
 -  quando si è obbligati alla convivenza ed è difficile mantenere la reciproca privacy;
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                                                   Continua (in costruzione)


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