mercoledì 5 novembre 2014

La sofferenza in adolescenza: diamoci un taglio!!




Quando Giulia ha visto quei segni sulle braccia di Carlotta, non riusciva a crederci… e ancora adesso un misto di incredulità e di vergogna le impedisce di parlarne serenamente, le viene subito da piangere. Com’è potuto accadere? Come può non essersene accorta prima? Proprio la sua Carlotta uscita da poco da un infanzia felice, studentessa modello prima alle medie e ora al primo anno di liceo classico!  Quei segni rossi sul corpo della figlia sembra che le urlino una rabbia che non capisce, una tristezza che non ha nessun senso per lei. Carlotta è sempre stata una ragazzina serena, piena di vita, senza pensieri. Certo, nell’ultimo anno, aveva notato a volte un velo di tristezza nei suoi occhi, un che di serietà… ma aveva attribuito tutto ai tanti pensieri, al troppo studio che la nuova scuola richiedeva. Si rendeva conto che Carlotta era molto cresciuta negli ultimi due anni, che non era più la bambina obbediente e spensierata di qualche anno fa, ora era un adolescente:il suo look era cambiato e gli abiti scuri avevano sostituito le solite sfumature di rosa, il linguaggio era più sguaiato, a volte aggressivo, ma nulla l’aveva preparata a quello che aveva visto, a quei segni terribili che la ragazza si era procurata da sola…
Eppure sul momento aveva mantenuto la calma, aveva cercato di capire, l’aveva sgridata, l’aveva abbracciata e poi ancora rimproverata.... Ma da allora il dialogo era bloccato, come se si fosse creato un muro tra loro, le incomprensioni continuano a crescere e quei segni continuano a moltiplicarsi.
Solo quando aveva trovato il coraggio di parlarne finalmente con il padre di Carlotta, da anni separato da lei e residente all’estero, si è resa conto della necessità di chiedere un aiuto specialistico e si era decisa a rivolgersi ad una psicoterapeuta. 
Convincere Carlotta a farsi aiutare non è stato facile, ma ora che il “segreto” non è più tale è stato possibile riprendere un dialogo, (se pure faticoso come può essere quello tra madre e figlia adolescente) e  ci si sente meno soli, meno impotenti.


Adolescenti che si tagliano con coltellini, forbici, pezzi di vetro. Il sangue sgorga, sembra che la tensione si allenti e ci si possa rilassare un po’. Il fenomeno del cuttingsi sta diffondendo anche in Italia, soprattutto tra le ragazze tra i 13 e i 16 anni.  
I numeri sono già allarmanti, si parla di circa 200.000 adolescenti, 
soprattutto ragazze. Il fenomeno sembra contagioso e si sta diffondendo con gran rapidità. Si tratta di un momento critico legato all'adolescenza e scomparirà col tempo? E’ un comportamento preoccupante che rischia di cronicizzarsi? E’ una manifestazione di squilibrio mentale?
Sono molte le domande che si pongono i genitori quando si accorgono di questi atti di autolesionismo ed è importante riuscire a non drammatizzare, né sottovalutare questo gesto estremo, che spesso costituisce una forma di comunicazione, un grido di aiuto. Una richiesta d’aiuto che però raramente viene rivolta direttamente all’adulto, di solito viene comunicato in gran segreto al miglior amico o al contrario esibito senza pudore con foto e video postate sui social.
Spesso il segreto in famiglia è custodito accuratamente con pantaloni e maniche lunghe anche in estate, la rinuncia a partecipare a situazioni in cui è necessario denudarsi, anche parzialmente, l’abbandono di attività sportive, il rifiuto di sottoporsi a visite ed esami medici,… Quando però finalmente, in modo del tutto casuale, questo problema viene scoperto, è importante raccogliere questa rivelazione come una comunicazione estrema di disagio. Un disagio che spesso è legato all’adolescenza, alla grande virulenza dei sentimenti,  alla sensibilità portata all'estremo, alla vulnerabilità e persino all’inaffrontabile sentimento di noia che sono caratteristici dell’età. 
Solo in pochi casi è veramente segno di un disagio mentale grave e può essere legato a traumi psicologici gravi (bulling, violenze, abusi), a patologie dell’umore (depressioni), a disturbi alimentari o a disturbi della personalità.
La scoperta di questo comportamento deve dunque essere un’occasione per aprire un dialogo empatico con l’adolescente, per offrirgli sostegno e disponibilità allascolto, pur nella consapevolezza dell’estrema difficoltà che a quell’età si incontra nell’essere consapevoli e nel comunicare le fonti del proprio disagio, le cause della sofferenza.
In molti casi può essere d’aiuto il consultare uno specialista, cercare aiuto presso uno psicoterapeuta specializzato in problematiche adolescenziali, che possa, attraverso una consultazione ed un percorso di breve o media durata, aiutare l’adolescente a trovare altri canali per comunicare e alleviare il proprio dolore mentale. Compito del terapeuta sarà anche quello di sostegno alla famiglia perché possa comprendere ciò che sta accadendo e essere d’aiuto all’adolescente.


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